Una vita ordinaria
Mi sentivo libera da ogni paura, da ogni male, da ogni mio insano pensiero. Mi sentivo padrona del mondo,
fiera di ciò che mi aveva dato e mi sentivo giusta. Perché, in quei momenti, anche la Terra che giaceva
sotto ai miei piedi sembrava giusta. Quel luogo era riuscito ad allontanare da me mostri invisibili che
non avevano nome, non avevano volto. Che avevano avuto la cortesia di bussare alla mia porta ma solo per
ingannarmi ed entrare senza presentarsi, senza darmi il tempo di accoglierli o sbatterli fuori. Quei
boschi, quel mare avevano curato la mia anima. Ed è per questa ragione che sono così grata a ogni singola
molecola d’aria che vi respiravo.
Fino a quel giorno
Solo alcuni giorni regnava la calma, soprattutto nei periodi estivi, ma dicembre era il periodo che
preferivo in assoluto.In lontananza l’oceano era blu scuro, quasi nero. L’acqua sotto di me, in forma di
onde, sbatteva continuamente contro le rocce, creando sfumature bianco latte. La costa alternava agli
scogli spiagge chilometriche, dove le onde si annullavano e gli uccelli riposavano.Ma era la potenza
dell’oceano ad affascinarmi. Tutto sembrava che potesse essere ingoiato e distrutto al suo volere.In quel
luogo non contava razza, sesso, colore, opinione politica o religiosa.
Pesanti come macigni
In quei momenti diventavo un tutt’uno con ciò che mi circondava, il mare, il cielo, la Terra. E mi
sentivo disarmata. Disarmata contro la vita, contro gli interrogativi dell’esistenza di un uomo. Mi
sentivo disarmata contro le paure, contro le costruzioni mentali, contro le gabbie di un mondo che per
lungo tempo mi erano sembrate strette e prive d’aria. Ma lì non contava essere armati, avere scudo e spada
tra le mani. Lì, non contava nient’altro che l’oceano. Perché ogni difficoltà, ogni dubbio, ogni
incertezza, ogni timore non aveva peso.
Il cuore tradisce
Il suo male era diverso e non soffriva perché la vita era stata ingiusta con lei, non soffriva perché il
mondo le aveva tolto l’aria per respirare. Soffriva perché dentro portava una cosa che non molti uomini
hanno nella loro anima. Portava addosso qualcosa di invisibile, impercettibile alle volte anche ai propri
occhi. Ella portava con sé la sensibilità. La sensibilità di non staccare un fiore per non levarlo al
legittimo proprietario: la natura; e cosa più importante, la sensibilità nel non sentirsi nessuno finché
quel nessuno non avesse un volto.
A volte ritornano
Non credevo potesse mancarmi, non avrei mai pensato che avrei potuto sentire il bisogno delle sue parole,
di passare qualche ora in compagnia dei suoi monologhi. Era troppo strano che potessi sentire la mancanza
di una persona che a stento conoscevo. Ma di fatto era così. Volevo ascoltare le sue parole, volevo vedere
i suoi occhi. Volevo sentire con le mie orecchie, e forse non solo, il suo malessere. Volevo perché dentro
di me sapevo che era importante. Sapevo che c’era un motivo se Rose era arrivata dal nulla a sedersi sulla
mia panchina.
Sotto la quercia
La guardai per l’ultima volta chiedendole scusa. Scusa perché non ero stata capace di salvarla. Scusa del
male che le era stato inflitto, della malvagità che questo mondo le aveva arrecato. Scusa perché aveva
incontrato gli uomini sbagliati, le mani sbagliate e non aveva avuto la fortuna di conoscere la
gentilezza. Posai il suo corpo nella fossa, e con gli occhi pieni di lacrime tanto da non riuscire a
vedere ciò che facevo, la ricoprii. Stavo per cadere nuovamente nel buco nero. Quello dove la luce è solo
un ricordo, quello dove mostri invisibili ti prendono a schiaffi e ti sputano in faccia. Quello dove ci
sono le peggiori paure.
Non è il posto giusto per te
Quell’odore era profumo di casa. Era l’odore del luogo dove ero cresciuta. Una fragranza mista di terra
bagnata, bucato pulito e cibo che borbotta sul fuoco del caminetto. Era un misto delle cose che io adoravo
quando ero solo una bambina. E i ricordi che affioravano alla mente erano di mani che dolcemente
sfioravano il mio viso, erano ricordi di carezze. Le carezze più dolci che ogni bambino deve avere la
fortuna di ricevere almeno una volta nella vita. Era proprio quello, non avevo dubbi. Rose sapeva di casa.
Come un uragano
Ci fu silenzio. Un silenzio assordante, tanto da rimbombare tra le mura di quella casa. Ricordo che Harry
si mise davanti a me e le sue pupille mi sorrisero. Il suo sguardo mi stava dicendo qualcosa. Mi stava
dicendo che non sempre si può essere la via maestra o il mare in tutta la sua grandezza, ma basterebbe
sapere e cercare di essere, il sentiero migliore di quella via maestra o l’onda migliore di quel mare. Ma
soprattutto, mi stava dicendo che i fallimenti possono essere l’inizio. L’inizio di qualcosa ancora più
grandioso di quello che lasci dietro. Forse dovevo capire che si può sempre fallire meglio.